venerdì 14 gennaio 2011

Una "Corleone" senza Padrino

LA STAMPA.it - Cronache 10/01/2011

 

Tre fratelli lanciano la birra col nome del paese: «Qui nascono anche buone idee, non solo Riina»

Di LAURA ANELLO
PALERMO
Ci vuole un bel coraggio a chiamare una birra «Corleone» per ribaltare il luogo comune sul paese dei boss, «per farlo conoscere anche per gli aspetti positivi e non solo per le cronache di mafia». Già, ci vuole un bel coraggio - e un pizzico di furbizia - per giocarsi la partita dell’orgoglio contro una storia secolare fatta di faide e omertà. Di ingaggiare con una bottiglia di ambrata cruda, non filtrata e non pastorizzata, una sfida contro le mascelle imbottite di Marlon Brando-don Vito Corleone, contro le case natali di Riina e Provenzano che svettano tra i tetti del centro storico, contro un marchio internazionale che è violenza e sottosviluppo.

Ci va una bella faccia tosta a imbracciare un corpo a corpo contro pregiudizi secolari impugnando una bottiglia da 33 o 75 centilitri. Eppure tre fratelli nati qui, a Corleone hanno scelto di dedicare al loro paese questa birra artigianale. E di chiamarla così anche se viene prodotta a due passi da Torino, nel piccolo birrificio «Gilac» di Val di Torre che appartiene a un cugino, anche lui originario di questo lembo di Sicilia. Loro, Salvatore Sparacio, 41 anni, la sorella, Marilena, 29, con la collaborazione del fratello Fabio, 34, non si scompongono e spiegano che non ci si può vergognare del proprio nome, non si può restare schiacciati dalla propria eredità.

«L’idea di produrre una birra da commercializzare in Sicilia è venuta proprio a mio cugino - dice l’anima femminile del progetto - che già produce cinque birre artigianali. Poi mio fratello ha scelto il logo e l’etichetta, ci siamo trovati tutti d’accordo nel puntare sul nostro territorio, anche perché a medio termine il progetto è di portare qui la produzione». Non sorrida chi pensa con ironia alle bollicine di malto e di luppolo che spumeggiano nel cuore del Mediterraneo dove picchia il sole nove mesi l’anno.

La birra è nata in Egitto nel tremila avanti Cristo, tra faraoni e piramidi, prima di trovare il suo territorio di elezione tra Germania e Irlanda. Ma per il momento, per questa birra, Corleone è solo un brand, né materie prime né produzione passano dal paese. Brand da maneggiare con cura, però. «Tutte quelle operazioni che in passato hanno utilizzato un marchio collegato all’universo mafioso senza avere dietro progetto e spirito imprenditoriale autentico - dice il direttore del giornale on line di enogastronomia «Cronachedigusto», Fabrizio Carrera - sono rimaste allo stato di effimere boutade folkloristiche, di dubbio gusto.

Qui non c’è la volontà di giocare facilmente con il richiamo di lupare e coppole storte, qui l’idea è di trasformare il nome Corleone da problema a opportunità. Tanto più che nell’agroalimentare, il richiamo al territorio ormai conta moltissimo. I francesi, per esempio, non bevono il vino per vitigni, ma per territori». Si tratta, insomma, di infilarsi in quella strettoia che intende attribuire un significato nuovo a un oggetto, a un prodotto che è già fortemente connotato. Come la coppola, il cappello tradizionale di picciotti e boss, sdoganato dieci anni fa dall’intelligente iniziativa dell’imprenditore Guido Agnello.

Che ha inventato lo show room «Coppola storta», per sbeffeggiare quei copricapi portati sulle 23 con piglio mafioso. Un gioco sottile, fatto di citazioni, prese di distanza, ma anche di inevitabile sfruttamento del marchio. «I turisti si avvicinano alla birra con interesse, con curiosità - racconta ancora Marilena Sparacio - qualche difficoltà in più l’abbiamo avuta con i locali, che notano la differenza di costo con una bottiglia industriale. Ma si tratta di due prodotti completamente diversi».

La «Corleone», infatti, è una birra viva e cruda, non filtrata, né pastorizzata, a lenta rifermentazione naturale e con deposito di lievito sul fondo. «La seconda fermentazione - spiegano gli addetti ai lavori - avviene direttamente in bottiglia, quindi presenta meno anidride carbonica. Ha un aspetto leggermente velato con un sentore di miele e malto d’orzo, e una media frizzantezza con gusto deciso e leggermente amaro a prevalenza di luppolo».

Le bottiglie, al momento, sono commercializzate soltanto in Sicilia, tra Palermo, Corleone e Catania, e in qualche locale del Piemonte. Ma possono essere acquistate on line sul sito che porta il nome della birra o sul portale www.corleoneshop.com invenzione di altri due giovani fratelli del paese, Fabrizio e Roberto Taormina, che commercializzano sul web vini, formaggi, lavori artigianali, magliette. Tutto rigorosamente made in Corleone.

 

 

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